Otto ore.
[...]Una minuziosa ricerca fotografica "sugli spazi, sul sottile discrimine tra architettura, paesaggio e archeologia industriale dove il tema della memoria individuale e collettiva, ricongiunte con delicatezza, si manifesta con salda attitudine compositiva”. [...]
Prof. Paolo Barbaro, Centro Studi Archivio e Comunicazione di Parma.
Il progetto fotografico “Otto ore” è stato realizzato nella piccola azienda metalmeccanica dove ho lavorato per 26 anni come tornitore e fresatore su macchine utensili.
E’ un lavoro ispirato da un'idea basata su due considerazioni: la massiccia delocalizzazione all’estero della produzione e la crescente automazione di tutti i processi del settore che hanno avuto un forte impatto sulla forza lavoro impiegata, sia eliminandola che riducendone il ruolo.
Era importante per me sottolineare l'enorme perdita di competenze che si creava in queste piccole aziende metalmeccaniche, molto diffuse nel nord Italia, dove queste abilità manuali erano fondamentali, mentre oggi con la digitalizzazione e robotizzazione del processo industriale non servono più. In questo modo perderemo per sempre la grande scuola di formazione del mondo della meccanica.
Un progetto che ho voluto connotarlo con la scelta di un cromatismo che inducesse un senso nostalgico, che mi aiutasse a immaginare questa azienda metalmeccanica non più operativa, ma solo come spazio espositivo, la sua ultima funzione di utilità.
Vengono offerti ai visitatori ampi spazi dove viene mostrato il suo aspetto precedente, lasciando questi spazi ora, destinati a coltivare la 'memoria'.
Quando ho deciso di creare questo progetto fotografico mi sono posto molte domande, la prevalente era se fosse utile produrlo. In quelle foto ho portato una piccola realtà fuori dal contesto del mondo della lavorazione dei metalli, sconosciuta ai più, fatta di vecchi macchinari e strumenti il cui uso non è familiare a tutti.
Certamente non avrei prodotto nulla di originale, poiché fotografie e libri sul mondo del lavoro e dell'architettura industriale esistono da molto tempo, un esempio magistrale è il reportage su Pittsburgh che il fotografo americano W. Eugene Smith fece per Magnum nel 1955, o l'importante ricerca dei coniugi tedeschi Bernd e Hilla Becher.
Tuttavia, volevo parlare del “mio” mondo lavorativo, una scuola quotidiana che insegna a conoscere e ad amare ciò che è il lavoro e a scoprire che esiste anche una sua cultura, quella cultura fatta di identità territoriale.
Le radici culturali e la memoria fanno emergere il Luogo e la sua Storia, la diversificazione culturale è un Patrimonio che L’Uomo non può disperdere, oltre la quale esiste solo l'omologazione…
Enzo Crispino